giovedì 30 settembre 2010

Black Mountain @ La Salumeria Della Musica // 29-09-2010



Dopo un album stupendo come In The Future ed un ottimo ultimo lavoro come Wilderness Heart, la presenza al loro live di ieri sera era d'obbligo!

Location decisamente inaspettata. Conoscevo la Salumeria Della Musica come un Jazz club con qualche divagazione sul blues e sulla black music in generale, ma forse sono rimasto un po' indietro coi tempi, visto che l'ultima frequentazione risale ad almeno otto anni fa. Il posto è comunque piacevole, e se non fosse per la birra a sei euro, ed un pubblico un po' troppo trendy/fighetto, sarebbe stato tutto perfetto.

Senza troppi giri di parole, i Black Mountain spaccano il culo! Sul palco non saranno particolarmente coinvolti ne travolgenti, ma di musicisti così ce ne sarebbe sempre bisogno. Macinano un set di un'ora e venti circa senza sbagliare un colpo, senza tirare troppo il fiato, e mostrando un tiro micidiale sui pezzi più rock e psichedelici. Non per niente a mio parere sono questi ultimi i brani che dal vivo rendono meglio, al contrario di alcuni tra i pezzi più soft e folk di Wilderness Heart che seppur bellissimi ho apprezzato di più su disco, e che forse necessitano di ancora un po' di rodaggio nei live. Il finale ultra psichedelico è stato un vero viaggio, con una ritmica martellante ed inesorabile, accompagnata da una chitarra in grado di stordire la mente.

Ho pochi dubbi, siamo di fronte ad una band di spessore, capace di unire l'underground al mainstream con maestria e senza snaturare le radici musicali dalle quali traggono costante ispirazione.

I lati positivi li ho descritti, tra quelli negativi ci metterei:
1) I volumi un po' bassini.
2) Il bastone nel culo della cantante, che le impediva qualsiasi movimento se non appena accennato.
3) Non hanno fatto Bright Lights.
Nulla degno di intaccare uno show davvero più che positivo!

mercoledì 29 settembre 2010

Ultime notizie dal fronte

Dopo una lunga pausa meditativa, mi sono dato all'ascolto di qualche nuovo disco targato 2010.
The Sword
Si comincia con Warp Riders dei The Sword, e si fa subito sul serio! Bel disco, solido, ben prodotto, ben suonato, e con alcuni brani davvero degni di nota. Rispetto al passato la band ha intrapreso la via del cambiamento, abbandonando la vena più doom a favore di influenze seventies e metal vecchio stampo. Ci sono dei gran riffoni, che sparati a tutto volume fanno davvero godere, ma se proprio bisogna trovare un difetto, alcuni vanno avanti troppo a lungo. Consigliatissimo!
Quest For Fire
Il secondo disco è Lights From Paradise dei Quest For Fire. Dopo aver letto grandi cose sul loro primo disco, ho voluto toccare con mano il nuovo lavoro della band. Che dire...album davvero bellissimo! Tanta psichedelia, stoner quando serve, e valanghe di grunge! Si, perchè questo disco suona molto "anni 90", facendo tornare alla mente i tempi che furono. La voce non è la colonna portante della band, ma le melodie sono spesso talmente azzeccate ed efficaci che si stampano in testa sin da subito. Credo che Lights From Paradise finirà nella top 10 di quest' anno.
The King Of Frog Island
Arriviamo alla nota dolente...sto parlando dei The King Of Frog Island, con il loro III. Questo è un disco decisamente trascurabile. Ci sono alcuni buoni spunti, e qualche buona idea la si può trovare, ma qui mancano proprio i pezzi, non ci sono ne ispirazione ne creatività. E' un album di riempitivi, nulla di più.
Black Mountain
Chiudo parlando dei Black Mountain con il nuovo Wilderness Heart. L'approccio rispetto ad un discone come In The Future è più soft, c'è più folk, più melodia. Le soluzioni paiono meno complesse, e tutto sembra scorrere liscio e tranquillo. A volte un po' troppo tranquillo per dir la verità, visto che forse un paio di pezzi più duri potevano starci. In ogni caso è un lavoro più che positivo, e sono convinto che con gli ascolti crescerà parecchio, nonostante lo scomodo paragone con il suo fratello maggiore In The Future. Stasera me li becco anche live, olè!

lunedì 6 settembre 2010

They won't stay dead!

Human flesh


"They keep coming back in a bloodthirsty lust for HUMAN FLESH!"
Una notte del 1968 ha cambiato per sempre la storia del cinema, dando vita ad un concetto di horror nuovo, moderno e terrificante. E' stata la notte in cui George A. Romero ha risvegliato i morti, e li ha fatti camminare sulla terra in mezzo a noi.
A living dead again!

Fino ad allora abbiamo visto di tutto sui nostri schermi: lupi mannari, vampiri, fantasmi, assassini spietati...ma non esiste un'immagine nella storia del cinema che sia più devastante di un'orda di zombie putrescenti che avanzano lenti ed inesorabili verso il loro pasto di carne umana! Il morto vivente moderno creato da Romero, è perfetto nella sua concezione: lento, capace solo di provare l'istinto primario della fame, è inesorabile, e soprattutto è già morto! Scordiamoci castelli infestati, fortezze barocche avvolte nella nebbia e costumi ottocenteschi...questa è realtà, questo è oggi! Un'america qualsiasi, popolata da persone qualsiasi che non possono far altro che fuggire, e ritardare ciò che sin dall'inizio appare inevitabile: una fine disperata.

Tutto il ciclo degli zombie è infatti caratterizzato da un pessimismo quasi esasperato. Le vicende hanno inizio in situazioni già compromesse, dalle quali si capisce subito che non ci sarà un lieto fine, e che pur sopravvivendo alla battaglia, la guerra avrà un solo vincitore. Questo è il modo del regista newyorkese di esprimere la propria dura critica verso la società americana dell'epoca. Una critica spietata, quasi nichilista, che pervade tutti i suoi lavori.
Survival!
Survival!

Night Of The Living Dead (1968) è stato un vero punto di svolta nel cinema horror, l'inizio di una saga e di una concezione dello zombie molto diversa da quella tramandata dalla tradizione. Posso solo immaginare l'impatto che abbia avuto la pellicola nel '68...sette persone si rifugiano in una casa di campagna, inseguiti da un'orda barcollante di non morti. Nessuno di loro sa chi siano, nè cosa sia accaduto...sanno solo che sono affamati, e che non si fermeranno finchè non si saranno saziati della loro carne. I protagonisti rappresentano alla perfezione ciò che la società americana può offrire, con tutti i suoi difetti: un ragazzo di colore, una giovane fanciulla, una coppia di fidanzatini perbene, la famiglia borghese e bigotta. Una convivenza difficile...sarà solo l'istinto di sopravvivenza ad evitare che accada il peggio prima che gli zombie facciano capolino. C'è una televisione, dalla quale possono ascoltare notizie su ciò che sta accadendo nel mondo. Notizie poco confortanti: radiazioni venusiane stanno risvegliando i morti, ovunque nel mondo. Questo non fa altro che aumentare il livello di tensione e paranoia già altissimo per tutta la durata del film, che si conclude con un tipico esempio di imbecillità umana.
The
Dawn

L'importanza del primo capitolo è stata fondamentale, ma quello che ritengo il massimo capolavoro è il seguito: Dawn Of The Dead (1978). Qui ci si avvicina davvero alla perfezione. Un centro commerciale simbolo del consumismo moderno diventa rifugio di un gruppo di persone come al solito eterogeneo e contrastante. Il format è sempre lo stesso, si prova a resistere, a sopravvivere e a tentare un'ultima, disperata fuga. E poi zombie in quantità industriale che, seppur stupidi, lenti ed aggirabili, sono sempre più numerosi! Aggiungiamoci che questa volta ci sono i colori, un budget più alto del precedente (ma non esorbitante) e le musiche dei goblin, e chiudiamo il cerchio. Pietra miliare!




Dead
Everywhere
Dopo la notte, e dopo l'alba, fu il Giorno Dei Morti Viventi (Day Of The Dead, 1985).



E come il giorno che avanza, anche l'epidemia ha avuto la sua inevitabile evoluzione, dilagando nel mondo. I morti hanno preso il controllo della terra, relegando gli umani a vivere come topi nel sottosuolo. Il vero cambiamento in questo film sta nella nuova veste attribuita agli zombie. Infatti un gruppo di scienziati, capeggiati dal Dottor Logan, scoprirà che hanno capacità di adattamento e di apprendimento, possono evolversi. Il rapporto che si crea tra Logan e le sue "cavie" è intenso, e comincia a diventare sempre più difficile scegliere da che parte stare quando i vivi mostrano la loro parte peggiore. E' un capitolo più riflessivo rispetto ai precedenti, ma col passare dei minuti lo splatter si fa strada, e ci consegna delle scene mitiche, che definire disturbanti è poco!



Ne La Terra Dei Morti Viventi (Land Of The Dead, 2005) il mondo è sconvolto. Gli unici esseri umani rimasti vivi sono asserragliati nel quartiere di una grossa città, abbandonati a loro stessi. Solo un piccolo gruppo di ricchi "uomini d'affari" gode di vita agiata all'interno di un grattacielo, che ricorda proprio un enorme centro commerciale (guarda un po'...). Fuori dalla cerchia della cittadella gli zombie "vivono" in quello che rimane della città, sbeffeggiati, ghettizzati dalla minoranza ancora in vita. Chi sono i cattivi allora? Chi è carnefice e chi vittima? La vera minaccia è davvero rappresentata dagli zombie? Quello che è certo è che questi cadaveri ormai sono evoluti, e capitanati da un benzinaio di colore "illuminato" partono all'assalto della città, per liberarsi dalle catene nelle quali sono costretti da troppo tempo.





E' qui che finisce il ciclo classico dei morti viventi, ed è una degna conclusione. Romero ci lascia con molte questioni irrisolte, ma sarà compito nostro dare le risposte opportune scrutando nei meandri della nostra coscienza.
Il successivo capitolo del regista di New York è Le Cronache Dei Morti Viventi (Diary Of The Dead, 2007), ed è qualcosa di effettivamente differente rispetto a quello a cui eravamo abituati, tanto che personalmente non lo considero un proseguo della saga, ma un extra (quasi) indipendente. Si tratta di una sorta di diario, il quale narra le vicende di una troupe amatoriale, che si trova invischiata in una lotta per la sopravvivenza nel tentativo di tornare alle proprie case, dove si illudono di poter trovare rifugio, o almeno i propri cari. Le riprese sono in prima persona, nello stile che recentemente abbiamo visto anche in film come Cloverfield e Paranormal Activity. Bisogna farci l'abitudine, ma comunque il risultato non è male. La componente sociale è ancora più evidente, quasi sbattuta in faccia allo spettatore, e tutto sommato la storia passa in secondo piano. E' comunque un buon film, e lo stile di Romero c'è tutto, seppur senza trovate particolarmente originali e personaggi ben caratterizzati. Mi è piaciuta moltissimo la scena in cui il giovane regista Jason Creed spiega agli attori del suo film che gli zombie sono morti, putrefatti, e per questo motivo si devono muovere lentamente. Non possono di certo correre dietro alla propria vittima! Alla faccia dei morti viventi arzilli e scattanti (e inverosimili aggiungerei) che si vedono in altri film.

L'universo creato da George A. Romero è ineguagliabile. La paura e la tensione che si provano guardando i suoi film mettono a dura prova chiunque sieda davanti allo schermo, e potrebbero far saltare i nervi ai più deboli di cuore. Gli ambienti claustrofobici, e la sensazione di non avere scampo, di essere in trappola, opprime, schiaccia, terrorizza. Il morto che si risveglia gela il sangue dell'uomo sin dalla notte dei tempi, ma in questo caso si è andati oltre. Gli zombie siamo noi, tutti noi, e abbiamo già perso. La forza di questi film è infatti la duplicità di interpretazione che possiamo dargli. Chi bada al sodo avrà comunque a sua disposizione degli horror eccezionali, paranoici e terrorizzanti; chi invece cerca di spingersi oltre il velo dell'evidenza avrà tante sorprese, e tanti spunti di riflessione sulla visione della società moderna da parte del regista. I riferimenti sono molteplici, e non sarà difficile coglierli ed interpretarli.



Che eredità ha lasciato l'opera del regista?

Senza dubbio ha influenzato con decisione tutto l'horror dagli anni '70 in avanti portandolo in quella che sarà l'epoca moderna, ha creato una nuova visione, delle nuove strade da seguire. Le ultime generazioni nonostante non abbiano partecipato in prima persona alla crescita della creatura Romeriana, sono ancora figlie di quell'idea, di quel modo di fare cinema, e sarà così finchè un nuovo genio sconvolgerà un'altra volta le nostre menti.




George A. Romero non ha inventato lo zombie, ma ha saputo rimodellarlo, plasmarlo su quella che è la società in cui viviamo, dando vita ad un genere di terrore che è diventato il punto di riferimento da allora in avanti. E scusate se è poco.
Tom Savini
p.s. un grande merito lo ha anche l'ormai mitico Tom Savini. I suoi effetti speciali hanno reso ancora più grande tutto questo.