martedì 26 aprile 2011

Graveyard // Hisingen Blues (2011)

Che disco pazzesco! Di certo i Graveyard non sono più una sorpresa, ricordo ancora bene l'esibizione devastante al Roadburn 2010. Non li conoscevo, e mi fecero letteralmente cadere la mascella per tutto il set. Questo album non fa altro che confermare quanto di buono sanno dare sul palco, non esagero quando dico che sarà sicuramente uno dei dischi migliori del 2011. La matrice è anni '70 fino al midollo, suonato benissimo grazie alla classica perizia tecnica svedese, con suoni molto curati, vivi, ed una registrazione a mio parere davvero ottima e lontana dal lo-fi che siamo abituati ad ascoltare ultimamente con la scusa che "fa figo". Le idee ci sono, e a volontà! Hisingen Blues è un album che seppur rock al cento per cento, sa anche essere piacione al punto giusto, creando quel mix dal quale spesso riescono a nascere canzoni memorabili. Non per niente pezzi come Ain't Fit To Live Here, No Good, Mr. Holden o The Siren sono decisamente sopra la media. I richiami ai Led Zeppelin sono forti, ma chiunque faccia hard rock deve pagare dazio e non mi sento di definirlo un difetto in disco comunque ispirato come questo. Per finire una nota di merito a questi quattro musicisti, che riescono a suonare con un tocco e con delle dinamiche che sono assolutamente fuori dal comune e fuori dal tempo. E' incredibile come in alcuni momenti ci si senta catapultati indietro di trent'anni a scapocciare di fronte ad una pila di ampli indossando un paio di jeans a zampa.
Insomma...applausi a scena aperta per i Graveyard, che ormai danno la paga a una lunga schiera di band che vorrebbero ma non possono (WItchcraft?). C'è poco da fare, la classe non è un diritto acquisito, nè la si può comprare.

A Light In The Fog Night #4 // Mezcal + Con*fusione @ Acropolis // 27-04-2011

Quarta serata A Light In The Fog. Mezcal e Con*fusione sul palco. Arci Acropolis di Vimercate, si entra a babbo morto, birra a 3 euro, due concerti di band italiane. E poi non ci lamentiamo!


Andiamo avanti per la nostra strada, ormai come Don Chisciotte contro i mulini a vento. Può sembrare un'affermazione retorica, ma il pubblico di nuove leve ha le palle grosse come una nocciolina tostata. Tante pretese, tanti pianti, tanti lamenti, ma nessun impegno, nessuna passione. I "vecchi" dominano, questa è l'unica verità.

venerdì 22 aprile 2011

E Big Four sia!

Ho concluso che arrivare alla soglia dei trenta senza aver mai visto dal vivo Metallica e Slayer sia una vera vergogna, quindi ho deciso di rimediare. Il biglietto del Big Four è mio! Si prevede headbanging selvaggio e ininterrotto!


Roadbun, c'eravamo tanto amati

L'edizione 2011 del Roadburn è archiviata. Un'edizione strana, particolare, fuori dal comune per il sottoscritto...ma di questo parlerò dopo.

Il bill non era di certo tra i più esaltanti, almeno per i miei gusti, e sono partito per questa ennesima avventura un po' scarico, con meno aspettative del solito. In ogni caso la buona musica non è mancata e in alcuni casi il livello di qualità ha raggiunto vette altissime, vedi l'esibizione superlativa dei Black Mountain, le martellate sui denti dei Voivod, la solita straordinaria prestazione degli Atomic Bitchwax e l'alienante esperienza dei Godflesh. I grandi classici come Candlemass e Pentagram fanno sempre la loro figura ma faccio ormai fatica a reggerli più di tanto, mentre apprezzo sempre le belle sorprese come il concerto dei Lonely Kamel, che hanno mostrato un tiro doppio rispetto alla media del festival, un interessante Imaad Wasif, settantiano fino al midollo e i cattivissimi Black Pyramid dei quali colpevolmente conoscevo solo il nome. Delusioni cocenti? Shrinebuilder, Corrosion Of Conformity e Beaver, tutti bocciati. Per il resto tanti buoni concerti, ma nella media. Una media sicuramente alta, ma pur sempre di media si parla.

Quattro anni sono passati dalla prima volta che varcai la soglia dello 013, pieno di orgoglio, un po' spaventato e soverchiato dalla leggenda del Roadburn. Anno dopo anno cominci ad ambientarti, cominci a conoscere (e riconoscere) la gente, il locale, la città, i luoghi e puoi muoverti per Tilburg come se fosse casa tua. E' proprio questa sensazione di estrema familiarità che mi ha spiazzato quest'anno, ho vissuto il festival come un semplice contorno alle passeggiate mattutine, agli hamburger del Grass Company, alla colazione del sempre più decadente Hotel Central e agli amici, vecchi e nuovi che siano. Non che questo sia del tutto negativo, ma è qualcosa che mi porta a fare delle considerazioni anche economiche sulle prossime edizioni. Forse è voglia di cambiare, ma è anche possibile che il bill non completamente all'altezza abbia influito sul mio stato d'animo. 
E' bene attendere ragionando a mente fredda, ma la domanda comincio a pormela già da ora: ne vale ancora la pena?